Con sentenza non definitiva n. 8296 del 16.10.2024 il Consiglio di Stato, Sez. VI (Pres. Cons. Montedoro, Est. Cons. Gallone), ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 21-nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990, in relazione agli articoli 3, comma 1, 9, comma 2, 97, comma 1 e comma 2 e 117 comma 1, della Costituzione e, con riferimento ai beni culturali, agli artt. 1, lett. b)e d), e 5 lett. a) e c) della Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore dell'eredità culturale per la società firmata a Faro il 27 ottobre 2005e ratificata dall'Italia con legge 1° ottobre 2020, n. 133.
La pronuncia trae origine dall’annullamento in autotutela, da parte della Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Ministero della Cultura (con atto prot. n. 3829 del15 novembre 2021), dell’attestato di libera circolazione precedentemente rilasciato nel 2015, ex art. 68 del d.lgs. n. 42/2004, dall’Ufficio Esportazione di Verona e relativo ad un olio su tela raffigurante una “figura femminile”. Solo nel 2019 si scopriva che l’opera era l’“Allegoria della Pazienza”, attribuita a Giorgio Vasari, circostanza che ha reso evidente l’interesse alla tutela del “patrimonio storico e artistico della Nazione”, quale “valore primario”, richiedendo un intervento per garantirne la tutela come bene culturale di rango costituzionale.
L’articolo 21-nonies, comma 1,della legge n. 241 del 1990, oggetto della questione di legittimità costituzionale, stabilisce - come riformato nel 2020 - che “Il provvedimento amministrativo illegittimo (…) può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque, non superiore a dodici mesi”. La norma, nel caso in cui, come nella specie, “non possa ritenersi raggiunta ... prova piena della tenuta da parte degli istanti di una condotta di “falsa rappresentazione dei fatti” con conseguente inconfigurabilità dell’eccezione di cui al comma 1-bis dell’art.21-nonies della l. n. 241 del 1990” sarebbe, ad avviso di Palazzo Spada, troppo rigida nel prevedere il rispetto di un limite temporale fisso di dodici mesi per l’esercizio dell’autotutela, anche a fronte di un provvedimento autorizzativo incidente su un interesse sensibile e di rango costituzionale.
Il Collegio suggerisce che un interesse pubblico così pregnante, che si lega alla cura di un bene di primario rilievo costituzionale come quello alla tutela del patrimonio storico e artistico, nell’attuale sistema, si rivela sempre meccanicamente recessivo, per effetto del mero decorso del tempo, rispetto alla tutela di una situazione giuridica a matrice individuale quale l’affidamento, la cui tutela rafforzata costituisce la ratio del termine annuale ex art. 21-nonies della l. n. 241 del1990. L’affidamento, secondo il Collegio, resta, infatti, pur sempre una “posizione giuridica soggettiva” che può alternativamente riferirsi ed inerire ad un diritto soggettivo o ad un interesse legittimo e che, nelle sue origini civilistiche, “risponde all’esigenza di riconoscere tutela alla fiducia ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale” (Cons. Stato Ad. Plen., n. 20/2021).
Ebbene, le altre disposizioni della legge sul procedimento amministrativo che contemplano l’interesse culturale e paesaggistico (artt. 20, comma 4, 19, comma 1, 14-bis, 14-ter e 14-quinquies) hanno, peraltro, tutte il tratto comune rappresentato dalla dilatazione dei tempi di valutazione riservati all’amministrazione proprio in ragione della delicatezza dell’interesse coinvolto e della complessità degli accertamenti che vi sono connessi.
Pertanto, ad avviso del Collegio, “un primo profilo di manifesta irragionevolezza della scelta operata dal legislatore risiede nella circostanza che detto termine fisso opera non solo con riguardo ai provvedimenti di "attribuzione di vantaggi economici "ma, indiscriminatamente, con riguardo ad ogni provvedimento di "autorizzazione", ancorché incidente su un interesse sensibile e primario come l'interesse alla tutela del patrimonio culturale”.
Il limite fisso comprometterebbe, quindi, il bilanciamento tra interessi pubblici e privati, privilegiando automaticamente questi ultimi una volta scaduti i 12 mesi. Tale rigidità, argomenta il Collegio, ostacolerebbe non solo il contemperamento tra diritti fondamentali pubblici, come la tutela del patrimonio culturale e il buon andamento della Pubblica Amministrazione, ma anche il confronto tra questi egli interessi privati. Una soluzione, questa, che ad avviso del Collegio, non solo tradisce il modello del continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti, ma preclude anche in maniera del tutto irragionevole la ricerca di un punto di equilibrio, necessariamente mobile e dinamico, tra gli stessi, compromettendo il perseguimento dell'obiettivo di tutela del bene ex art. 9,comma 2 Cost.
In secondo luogo, i giudici di palazzo Spada hanno rilevato che “l’elisione dei profili di discrezionalità amministrativa rispetto al “quando” dell’adozione del provvedimento di ritiro attraverso la previsione di una barriera temporale predeterminata e fissa il cui superamento implica la consumazione in concreto del potere, impedisce di soppesare gli interessi contrapposti segnando, al decorso di un dato lasso di tempo (peraltro contenuto e ulteriormente ridotto da ultimo dal legislatore)l’automatica prevalenza di quello privato alla conservazione della determinazione amministrativa”.
I Consiglio di Stato auspica, quindi, una normativa più flessibile, che consenta di distinguere tra i vari contesti, introducendo deroghe specifiche per i provvedimenti che incidono su interessi costituzionali primari, come il patrimonio culturale. Una tale revisione normativa rafforzerebbe la capacità dell’amministrazione di agire in autotutela per perseguire obiettivi di interesse pubblico, senza sacrificare le esigenze di certezza del diritto dei privati.
La decisione della Corte Costituzionale sarà cruciale per delineare le applicazioni future dell’annullamento in autotutela ogni qualvolta vengano in rilievo interessi pubblici di rango costituzionale e, pertanto, sarà utile monitorare gli sviluppi e comprendere le implicazioni concrete sia nella prospettiva dell’assistenza a privati e amministrazioni nella fase procedimentale sia per valutare eventuali illegittimità dei provvedimenti ex art. 21-nonies della L. n. 241/1990.
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