Con la sentenza n. 2208, pubblicata il 25 settembre 2018, la Corte d’appello di Firenze si è pronunciata sull’illegittimità di un’ordinanza ingiunzione emessa nei confronti di un’Agenzia di scommesse per violazione dell’art. 7 comma 8 del d.l. n. 158/2012 (c.d. decreto Balduzzi), convertito con la l. n. 189/2012.
In concreto, la violazione contestata all’Agenzia – per la quale era stata inoltre imposto l’obbligo di chiusura ex art. 24 del d.l. n. 98/2011 – consisteva nel non aver impedito l’ingresso nel proprio esercizio ad una ragazza minorenne.
Avverso la sanzione sì irrogata, insorgeva l’Agenzia, impugnando l’ordinanza-ingiunzione dinanzi al Tribunale e, all’esito della soccombenza in primo grado, insistendo sulle proprie ragioni dinanzi alla Corte d’appello. L’Agenzia sosteneva, tra gli altri motivi, che il divieto di ingresso dei minori dovrebbe comportare la sanzionabilità soltanto nell’ipotesi in cui l’esercente si fosse trovato nella possibilità di compiere concretamente l’attività di controllo e non l’avesse fatto, circostanza che nel caso di specie non si poteva verificare, atteso che l’ingresso della minore era repentino e, tra le altre cose, non finalizzato alla partecipazione gioco, bensì al solo fine di raggiungere il fidanzato.
Con la predetta sentenza, il giudice di secondo grado, apprezzando le ragioni dell’Agenzia di scommesse, ha annullato l’ordinanza-ingiunzione, affermando che “la sanzione per essere ritenuta legittima deve riguardare una condotta dell’esercente che sia obiettivamente omissiva dell’esercizio della prevista e necessaria attività di controllo agli ingressi”.
La pronuncia in parola, dunque, oltre per ciò che rileva nel caso di specie, merita attenzione più in generale per la portata innovativa circa l’interpretazione della norma di cui all’art. 7 comma 8 del d.l. n. 158/2012, poiché pare superare l’automatismo – al quale sembrava propendere finora la giurisprudenza – fra l’accertamento della presenza di un minore in un’attività di scommesse e l’irrogazione della sanzione, a prescindere dalla circostanza concrete che ne hanno determinato e causato l’ingresso, la cui sussistenza, grazie alla pronuncia in commento, oggi invece deve essere valutata attentamente caso per caso sia dall’Amministrazione che dal giudice.
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